Christian Kesseler

"Essendo uno scenografo per il teatro e la televisione, ho sempre messo in mostra le mie emozioni e la mia stessa vita. Ora la scena sono le mie creazioni, dipinti o sculture non importa. In ciascuna è possibile trovare una parte di me: le mie paure, il mio amore e la mia spiritualità. Per farlo però bisogna entrarci dentro. Ho 53 anni, sono figlio di un sacerdote, italo- tedesco, ho vissuto in 15 paesi diversi".

Christian Kesseler si fa chiamare Grande Orso. Le sue opere parlano di un mondo intimo che si può intravedere tra le forme della materia. La sua espressione creativa sembra parlarci di una ricerca interiore che indaga forme e materiali al di là dei canoni artistici tradizionali. Risponde al bisogno di creare qualcosa di unico attraverso il riutilizzo di plastica o oggetti di scarto, trasformando il decadimento in qualcosa di nuovamente vitale. Trova la bellezza là dove c'è distruzione e ogni materiale può diventare oggetto di creazione. Kesseler riconosce un cambiamento significativo che è avvenuto una volta scoperte le pratiche dello Shivaismo Kashmiro grazie al suo maestro Daniel Odier. La pratica "non ha mai influenzato il mio modo di lavorare, ma il mio approccio alla pittura, basato sul movimento e sulla stasi". Il fermarsi diventa una parte fondamentale dell'atto creativo: invece di "distruggere i miei quadri", andando oltre, oggi l'artista, che è capace di presenza, osserva il quadro, lo sente, e si ferma. Un altro cambiamento importante è stata una nuova disponibilità all'atto creativo, senza il bisogno che ci fossero delle condizioni particolari. "In passato, aspettavo di essere dell'umore giusto, di avere la giusta condizione... ora posso dipingere immediatamente, quando voglio. E' come iniziare a meditare. Lo si fa a prescindere". I lavori di Kesseler includono il denso e il sottile, come due impulsi paralleli per manipolare la materia. Le composizioni, fatte di materiali di scarto ricoperti di catrame simile allo smalto, contrastano con la morbidezza e leggerezza della sua pittura, come nei fiori che ondeggiano vibranti, in una danza a due dove gli opposti si riconciliano.


"As I'm a set decorator for theatre and television, I always try to put my life, my feelings, and also myself onto a stage. But on this stage are my creations: paintings; sculpture; it doesn't matter. You can find in each of my works a piece of myself, my love, my fears and my spirituality. But you have to look behind them. 53 years old, the son of a priest, I have lived in 15 countries as an Italo-German."

Christian Kesseler likes to be called "Big Bear." His works speak about an inner world existing within the forms of matter. Kesseler's creative expression speaks of his inner quest, a continuous search for materials and forms beyond what he considers nature's perfect art. He responds to his need to create something unique with a rearrangement of rubbish objects, rephrasing decay and destruction into the creation of something new. He finds beauty where there is destruction. All materials become objects of creation. Kesseler recognizes significant changes in his creative process since he made contact with the practices of Kashmir Shaivism and his spiritual master, Daniel Odier. "It never influenced my style of working, but my approach to painting. To do dancing and to stop." The act of stopping became an essential part of creation. Instead of "killing my own paintings" by going too far, the process changed, now knowing to be present in the painting, feel it, and stop. Another substantial change the artist noticed since starting his practice was the availability of the creative process without needing any special conditions. "Before, when I wanted to do some paintings, I would always wait for the right mood, the right situation... Now, I think I can paint immediately when I want. It's like going into a deep meditation." Kesseler's works touch the subtle and the dense, like parallel impulses to manipulate matter. The ensembles, made of rubbish material and covered with a dense black enamel-like tar, contrast with the lightness and softness of paintings, like the flowers floating in vibration and space in a dual dance that reconciles opposites.


© 2019 Silvia Burli&Guadalupe Garcìa
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